I golpe e un libro bellissimo
Partiamo dalle basi. Base A: un colpo di Stato consiste nel rovesciamento, da parte di uno o più soggetti, autonomamente o con l’appoggio diretto o indiretto di un organismo istituzionale quale per esempio le forze armate, in maniera illegale, palese e spesso violenta, del potere costituito, al fine di causare un mutamento di regime. Base B: un golpe, un colpo di Stato, è un qualcosa di serio.
Ah ma senti, davero davero, la scoperta dell’acqua calda, possono essere tutte giuste reazioni alla mia scontata frase. Ma ci tenevo a scriverla perché in Italia è accaduto di sentir parlare di golpe e colpi di Stato come se piovesse. Sarà che da quando seguo la politica, ahimé, ci sono i 5 stelle, ma ho vari ricordi di quando spammavano i loro interventi “che i TG non vi faranno vedere!!1” per denunciare vari golpe in occasione di riforme sulle banche, di riforme istituzionali o in chissà quali occasioni. (Ah, non erano solo i 5 stelle?) (Ah, anche Sabino Cassese ha espresso la preoccupazione per i DPCM usati in un’emergenza, non compatibili con lo stato di diritto?). Ecco perché non ce la faremo mai, ed ecco perché occorre specificare che un golpe è un qualcosa di serio.
Fatta questa introduzione guardandomi l’ombelico, come al solito, vediamo di allargare lo sguardo. Nel 2021 si possono citare tre tentativi di golpe, di cui uno riuscito. Uno ad Haiti, di cui non so molto se non che è stato sventato dal presidente che forse a sua volta sta facendo un golpe non abbandonando il suo posto. Uno, il più famoso, quello del 6 gennaio al Congresso degli Stati Uniti. Era un golpe? Forse sì, forse no. Ma ciò che via via abbiamo scoperto è che era meno spontaneo di quanto sia sembrato, che molti dei partecipanti erano ex militari, che qualcuno ci ha rimesso la vita, e che tra gli obiettivi c’era di far male a dei politici democraticamente eletti. Forse non era un golpe “normale”, ma cosa è normale nell’America di QAnon?
Poi il golpe in Birmania (o Myanmar). Riuscito. Dove l’esercito, che già aveva enorme potere, ha voluto prendersene di più, estromettendo Aung San Suu Kyi, la capa del governo (che non si sa ora dove sia). Questione complicata che non conosco bene, per chi vuole approfondire, qui.
Lezione di aerobica mentre dietro i militari vanno a prendere il potere. Tutto vero.
40 anni fa esatti, il 23 febbraio 1981, avveniva però un tentativo di golpe in Spagna, di cui io non sapevo assolutamente niente finché non ho letto un libro, “Anatomia di un istante” di Javier Cercas, da quel momento divenuto uno dei miei libri preferiti in assoluto. L’autore ha spiegato che avrebbe voluto scrivere un romanzo su quell’episodio, ma la realtà alla fine lo ha convinto di più.
Per la mia generazione è difficile pensarlo, ma la Spagna fino al 1975 è stata sotto la dittatura franchista. Trent’anni dopo di noi, tanti. Quindi nel 1981 si era ancora nei primissimi anni di post franchismo. E il libro spiega benissimo tutto il contesto: i politici ex franchisti ora pentiti, quelli ancora franchisti, i militari, il Re, i politici oppositori del regime, i mezzi di informazione. Tutto spiegato in un modo quasi romanzesco ma che è incredibilmente reale. A fine di ogni capitolo c’è una cronaca dettagliata del vero e proprio colpo di Stato, con tutti gli errori dei golpisti, le telefonate, le mosse. In ogni capitolo invece si approfondiscono situazioni, contesto e personaggi. Ripeto, l’autore di mestiere scrive geniali romanzi anche se qui non ne ha avuto bisogno, ma si capisce da come è scritto. E ne giova per la lettura, si vuole andare avanti come una storia romanzata, appunto.
L’anatomia dell’istante è di un istante particolare ripreso dalle telecamere di registrazione: alle 18.22 del 23 febbraio 1981, durante una seduta parlamentare, entra il colonnello Tejero con una pistola e un manipolo di ufficiali e sottoufficiali. Tutti i parlamentari si nascondono, tranne tre uomini: Adolfo Suarez, presidente del consiglio, di cui l’autore (che non lo ama, per usare un eufemismo), spiega chi è e le ragioni del suo evitare di nascondersi (tra queste: se veramente l’idea era di uccidere, lui sarebbe stato il primo e non avrebbe avuto scampo; poi ragioni di tipo istituzionale e caratteriale, a partire dal fatto che era vanitoso..) ; Gutierrez Mellado, vicepresidente, fino a pochi mesi uno dei militari più rispettati, dai militari. In pochi mesi sarebbe stato il più odiato (per il suo appoggio alle riforme democratiche di Suarez, per essere l’uomo di Suarez) ; Santiago Carillo. Anche il suo non è un gesto avventato o istintivo: si rifiuta di obbedire ai golpisti, anche se il suo gesto contiene diversi gesti, ed è un gesto di un uomo che sa che morirà. Però, lui era il segretario del Partito comunista, e il segretario del Partito comunista non si butta a terra. E come Mellado, Carrillo appartiene alla generazione che ha fatto la guerra, e che per lungo tempo non ha creduto alla democrazia. E proprio come Mellado, da metà anni Settanta non ha fatto altro che dimostrarsi pentito nella pratica politica quotidiana.
Questa è il fotogramma dell’istante, i golpisti e questi tre uomini in piedi, i protagonisti di tutto. Il resto si scopre via via. Un golpe durato 17 ore, fallito per colpa di diatribe tra i golpisti, per le scelte del Re, e per gesti eroici di personaggi diversissimi tra loro, ma uomini veri. Un golpe che secondo l’autore è servito all’intera classe politica, che sembrò trovare un’improvvisa maturità forzata. Una dura lezione per la maggioranza del Paese, che aveva passivamente accettato il franchismo, si era prima illusa della democrazia per poi sembrarne delusa: dopo quell’episodio svanì il disincanto e tutti parvero riscoprire gli aspetti positivi della libertà. Un golpe che ha fatto scaturire un fatto nuovo: che una maggioranza di spagnoli decise che non ci sarebbe stata riconciliazione se gli eredi degli sconfitti non fossero stati in grado di governare. Infatti, a inizio 1981 era difficile immaginare che il PSOE (il Partito socialista) potesse governare la Spagna, ma pochi mesi dopo arrivò al potere con 10 milioni di voti, e il beneplacito della monarchia, degli imprenditori, di Roma, di Washington. Senza il golpe, dice sempre l’autore, questa scossa non ci sarebbe stata, e non ci sarebbe stata la cosa più importante: il potere e la legittimità assunti dalla monarchia. Infatti, il re ha bloccato il golpe trasformandosi nel salvatore della democrazia. Insomma, il 23 febbraio ha posto fine alla guerra.
Io non so se è andato tutto così, ma tendo a fidarmi.