Guardare il Super Bowl non per il Super Bowl

Sono un malato di sport, lo riconosco. Sport minori possibilmente, come direbbero i miei amici Andrea Mercatali e Niccolò Vonci. Ma il football americano non mi piace. Troppe pause, non ci capisco nulla, e imparo le regole in questo periodo dell’anno per scordarmele pochi giorni dopo (e così mi sono giocato la simpatia dei cinque potenzialmente interessati a quest’articolo a cui piace il football americano). Preferisco il rugby anche se, confesso, mi capita di vedere solo le partite delle nazionali, e, dati i grandi successi della nostra nazionale mi sfavo alla svelta. Ieri 40 punti di scarto, niente di nuovo. Ma questo non è importante.

Infatti, come in altri anni recenti, guarderò il Super Bowl. Tampa Bay Buccaneers-Kansas City Chiefs. Padroni di casa i primi, campioni in carica i secondi. Si giocherà a Tampa, in Florida, ed è la prima volta in 54 anni che viene giocato nello stadio di una delle due finaliste. Ti pareva che non dovesse accadere proprio quest’anno.

Tiferò i Tampa Bay (quindi affrettatevi a scommettere sui Kansas) per due motivi, anzi forse uno: Tom Brady. Per saperne di più consiglio questo articolo, ma in brevissimo: è il quarterback più famoso al mondo, 43 anni, 6 Super Bowl vinti tra cui quello dell’anno scorso. L’altro motivo è che i Tampa Bay erano una squadretta che non facevano i playoff da 13 anni e che ora, immagino grazie a Tom Brady, sono a giocarsi il titolo. La cosa più interessante sportivamente parlando per noi super occasionali del football americano è proprio la sfida tra quarterback, Tom Brady contro Patrick Mahomes, 25 anni, predestinato (qui per saperne di più). Fine della parte sportiva.

Perché se la cosa più interessante sportivamente parlando è questa sfida generazionale, il bello del Super Bowl è tutto ciò che gli ruota attorno.

Quest’anno è tutto particolare, e il Super Bowl non farà eccezione. 25mila spettatori invece che più di 70mila, anche se qua è un miraggio anche una cifra del genere. Tutto quello che di solito avviene nella settimana precedente alla partita praticamente non c’è stato. Roberto Gotta sul Foglio ha raccontato di come Radio Row, un settore della città riservato alle radio già dal lunedì precedente, di solito preso d’assalto da curiosi, giornalisti e fan per sbirciare, fotografare e ululare ai personaggi famosi che intervengono nelle varie radio, quest’anno sia stato di una grande tristezza.

Ma tutto questo non deve far pensare che sarà tutto di una grande tristezza. Diverso, come le nostre vite, ma da scoprire, osservare e chissà, copiare (Tokyooo mi state ascoltandooo??).

Prima di tutto bisogna parlare dell’inno. Qui ho già parlato di come l’inno americano sia una cosa sacra, là. E può essere cantato in vari modi, per far passare messaggi (no, non farò paragoni con quello di Mameli, che sennò mi deprimo). “Star-spangled Banner”, il titolo dell’inno, ha una storia bella (qui per leggerla ; qui per ascoltarla), ma quello che qui mi interessa è mostrare alcuni inni cantati al Super Bowl.

Quello cantato da Whitney Houston nel 1991 fece da spartiacque. Primo, per come fu cantato. Ascoltatela. Ma anche per il momento storico. I soldati americani erano da poco partiti per la Guerra del Golfo, la prima guerra di grandi dimensioni dai tempi del Vietnam. Whitney Houston da tempo si preparava e aveva deciso di portarlo da 3/4 a 4/4. A pochi giorni dal Super Bowl l’NFL decise che non era opportuno cambiare l’inno nazionale in un momento del genere. Figuriamoci su Whitney Houston li ascoltò, e figuriamoci chi ebbe ragione.

Un altro inno da citare è quella cantato da Mariah Carey nel 2002, a pochi mesi dall’11 settembre. Serviva un qualcosa di dolce, emozionante. Ci riuscì alla grande.

Si potrebbe andare avanti con altri grandi momenti, ma è meglio iniziare a parlare dell’Halftime show. Durante l’intervallo infatti grandi artisti si esibiscono in degli spettacoli spesso incredibili. Lo fanno (ancora oggi) gratuitamente, perché per la maggior parte di loro, più dell’Halftime del Super Bowl non c’è nient’altro. Non so se fu uno spartiacque come l’inno di Whitney Houston, ma sicuramente quello ancora oggi più citato è lo spettacolo, nel vero senso della parola, di Michael Jackson, 1993. Me lo sono riguardato due volte.

Anche qui citarne solo alcuni è fare un torto a molti altri. Ma Beyoncé non può essere dimenticata, con i suoi due spettacoli, nel 2013 con la reunion delle Destiny’s Child, il gruppo con cui iniziò la carriera, e nel 2016, con i molti riferimenti alla comunità afroamericana e a Black Lives Matter.

Infine quello dell’anno scorso, impressionante per moltissime cose. Banalmente, perché è stato uno degli ultimi momenti di folla vera, e che nostalgia. Poi, per la potenza di quelle due artiste latinoamericane, Shakira e Jennifer Lopez, con moltissimi momenti da “wow” durante lo show. I miei preferiti sono quelli finali dello spettacolo di Shakira (minuto 6 circa) e l’entrata di J.Lo, poi il momento in cui a cantare è la figlia di Jennifer Lopez insieme ad altre bambine in delle gabbie a ricordare alcune disumane politiche dell’amministrazione Trump contro gli immigrati (minuto 11.30 circa), e poco dopo J.Lo che urla “Latinooos” e intona “Born in the Usa” del suo (e non solo suo) mito Bruce Springsteen.

Per chi non l'avesse mai visto, prendeteveli questi 15 minuti

Infine, durante il Super Bowl hanno un ruolo centrale anche gli spot pubblicitari. Di solito si cambia canale quando c’è la pubblicità, invece si guarda il Super Bowl anche per le pubblicità. Ogni anno le aziende (e negli anni elettorali anche candidati politici) spendono un sacco di soldi per far passare questi spot, preparati con gran cura. Anche perché, non va dimenticato che il Super Bowl viene guardato da 100 milioni di persone solo in America (e oltre 150 in tutto il mondo). Ci sono alcuni spot che hanno fatto la storia, e moltissimi fatti veramente bene (la Coca Cola, ad esempio, non ha da imparare niente su questo). Ma concentrandosi su quelli storici ne metto due qui sotto: uno di Apple nel 1984, per l’uscita del Macintosh, che si rifà deliberatamente a 1984 di George Orwell, e uno di Chrysler nel 2011, che mostra una Detroit in grande crisi per gran parte dello spot. Solo che poi arriva il miglior prodotto di Detroit: Eminem in versione motivatore. «This is Detroit, This is What We Do»

E quindi anche stasera (stanotte, inizia a mezzanotte, Rai2, Dazn) potremo vedere in compagnia di milioni di americani uno spettacolo, che sia per la partita o per ciò che accompagna la partita. Per gli americani è un giorno di festa, le persone si ritrovano, bevono e ci sono molte statistiche simpatiche di queste abitudini. Per dire, la sera del Super Bowl è quella in cui viene consumata meno acqua di tutto l’anno (ergo, la gente non va in bagno sempre per quella cosa delle pubblicità) ; oppure, il lunedì successivo è quello con minore produttività sul lavoro (ne avevo letta anche una sul consumo di guacamole ma non ricordo le cifre).

Uno spettacolo unico, anche con sprazi di questioni sociali. Jennifer Lopez che urla “Latinooos” nell’anno delle elezioni o Beyoncé che ricorda le black panthers. Bravi, verrebbe da dire. Se non che l’NFL è quella lega che fa fuori Colin Kaepernick perché si inginocchia durante l’inno americano, o dove solo due proprietari su 32 squadre non sono bianchi, o dove scarseggiano allenatori di colore nonostante oltre il 70% della forza lavoro di tutta la lega sia afroamericana.

Le contraddizioni di una nazione incompleta, per dirla alla Amanda Gorman, che stasera si esibirà.

Non vedo l’ora.

Quanto scritto sopra deriva da diverse letture e approfondimenti, ma soprattutto da un episodio di un podcast che consiglio per chi volesse approfondire: www.spreaker.com/user/10655526/to-honor-america

L'Autore

Matteo Guidotti

2 Commenti

  1. Leonardo Minghe Barletti 07/02/2021 alle 20:18 - Rispondi

    Sai che quasi un anno prima ci sono migliaia di persone che si candidano per fare gli Stuart dentro e fuori lo stadio come volontari, gli viene passato solo il vitto per 7 gg. Circa 4 anni fa anche un italiano riusci a parte dello staff , parti dall’italia …….. è un onore fare lo Stuart al Superbowl!!!

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