Quel minuto di silenzio

Era una bella Fiorentina quella. Mutu, Frey, Ujfalusi, Jorgensen, Pasqual, tra gli altri (purtroppo noi non abbiamo avuto il privilegio di poter imparare una formazione a memoria tipo filastrocca, come accade quando si vincono gli scudetti). Allenatore, Cesare Prandelli. Nell’Inter giocava Ibrahimovic, che era già da tempo stradominante. Tredici anni dopo continua a essere stradominante. Mostro.

Quella Fiorentina allenata da Prandelli il 2 dicembre aveva 24 punti. Adesso ne abbiamo 8. Sì, il campionato è iniziato dopo, comunque alla nona giornata quella Fiorentina ne aveva 17, di punti. Ma no, non è un attacco acuto di nostalgia per bei tempi andati.

Il 2 dicembre 2007 c’era Fiorentina-Inter. Match di cartello come dicono i poco fantasiosi giornalisti sportivi. Abbonato, ovviamente andavo alla partita. In teoria. Quella settimana era arrivato il primo pagellino della mia prima superiore. Un bagno di sangue. Non farò la cronaca di quel pagellino perché sono già imbarazzato al pensiero. Comunque, ero in punizione e niente partita.

Ma non era solo il #matchdicartello Fiorentina-Inter. C’era da omaggiare Cesare Prandelli.

La punizione fu allentata, e andai a quella partita. Potendo vivere uno dei momenti più emozionanti della vita del Matteo quattordicenne che non capiva nulla di nulla, ma che rimase impressionato e anche un po’ scosso. Oggi, tredici anni dopo, lo penso ancora come uno dei momenti più emozionanti vissuti. Un mix di affetto e rispetto.

Gli si vuole bene anche ora a Prandelli, ma in quel periodo lì per noi era una guida. Spirituale, morale, suprema. Ognuno scelga il proprio aggettivo. Venivamo da qualche anno di soddisfazioni calcistiche (ci accontentiamo di poco), e poi era una persona così per bene che tutti ci invidiavano. In settimana era morta Manuela, sua moglie. E una città intera si strinse attorno a lui, sempre per usare espressioni banali ma efficaci.

Quella domenica di dicembre c’era il sole e la partita con la capolista Inter. Ma prima una cosa più importante. Quando Prandelli uscì dal tunnel partì un lungo applauso (non per dire: lungo davvero) che lo accompagnò nel tragitto fino alla panchina. Poi le squadre si avvicinarono al centro del campo, la Fiesole alzò lo striscione, e l’arbitro fischiò per il minuto di silenzio.

Silenzio. Totale.

Non ci furono i soliti ganzi a fare qualche bercio. E soprattutto si era ancora nel tempo in cui il minuto di silenzio negli stadi significava minuto di applausi. Invece lì, 40mila persone in silenzio totale per un minuto.

Un minuto ancora stampato nella mia testa e penso di molti dei presenti.

Poi la Fiesole chiamò tutto lo stadio, partì il coro per Prandelli, e iniziò la partita, ormai relegata in secondo piano.

Per la cronaca: si perse 2-0.

* Poi sempre da quei gradoni ho assistito ad altri momenti emozionanti di questo genere. La serata di Borgonovo e il dopo Astori sicuramente stanno insieme a quel 2 dicembre.
Di momenti emozionanti a livello sportivo invece ben pochi, needless to say.

L'Autore

Matteo Guidotti

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